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martedì 26 giugno 2012



COSA CE NE FACCIAMO DEL PASSATO?

Quando nella vita di tutti i giorni ci troviamo ad affrontare i diversi inputs che dall'esterno ci giungono e che ci impongono una nostra reazione, è in quel momento che più o meno inconsciamente reagiamo secondo quanto abbiamo appreso in passato da precedenti esperienze simili o che paiono tali. 
Quando la reazione è positiva, cioè a finalità protettiva od evolutiva, il meccanismo è valido ed efficace. Pensiamo a quando di riflesso freniamo improvvisamente per evitare un tamponamento, o quando abbiamo imparato a preparare il primo caffè e da lì in cucina riusciamo a destreggiarci sufficientemente, oppure quando abbiamo imparato a leggere in prima elementare e poi da adulti riusciamo a leggere libri senza difficoltà.
Purtroppo, però, non sempre l'esperienza passata viene utilizzata con finalità positiva. Esistono innumerevoli esperienze passate che ci hanno lasciato cicatrici, e che ogni volta che un situazione (le circostanze, i profumi, le parole, le luci, le immagini o altre stimolazioni sensoriali) ce la richiama alla memoria, siamo allora bloccati, come incatenati, e reagiamo di conseguenza non alla reazione attuale come dovremmo, ma come abbiamo già fatto, ripetendo lo stesso errore, e riaprendo le stesse ferite. Più spesso non ce ne rendiamo conto, poichè sono meccanismi riflessi inconsci, ma il risultato che si ripete è lo stesso.Questo meccanismo, chiamato "ancoraggio", ci àncora in modo del tutto inconscio e limitante a ciò che non siamo riusciti a superare in passato. A traumi che non abbiamo accettato, compreso, e soprattutto la cui ferita ancora non si è cicatrizzata.
Esistono persone che rimangono imbricate nel loro passato, anche se questo è molto remoto e di cui non si hanno più evidenti tracce nel presente, nè le persone che ci circondano sono più le stesse, nè i luoghi e gli ambienti. Eppure, anche se apparentemente sono ricordi rimossi e sotterrati in qualche anfratto buio della loro mente, continua a lasciare segni di sè e il fetore della sua presenza.

La mente umana ha il grande potere di evolvere o di sabotarsi, a seconda di come il passato influisce su di noi, e soprattutto di come lasciamo che il passato ci condizioni. Potremmo navigare in mari aperti, in modo fluido e sereno se ritirassimo a bordo le ancore che si trascinano sui fondali, frenando il nostro viaggio. Potremo così affrontare efficacemente i venti che soffiano e che ci permettono di orientarci verso il futuro.
La ritirata dell'àncora potrebbe essere difficoltosa, dolorosa se impigliata. Potrebbe imporci di immergerci nell'acqua torbida o agitata delle emozioni. Ma la consapevolezza ci impone di scegliere se restare o progredire, e quindi se restare bloccati o sciogliere ciò che impedisce la screscita serena.

Quindi il passato può essere tesoro di grandi risorse che ci permettono l'evoluzione, oppure zavorre che con il loro peso ci limitano il progredire leggero.
"Il passato non macina più", e non solo... seppur non possiamo cancellare ciò che abbiamo attraversato, e che ci ha attraversato, che sono anche la ragione del nostro essere presente, però dobbiamo prodigarci per fare in modo che il passato non sia una ferita rimasta purulenta, e che continuamente ci fa sentire dolore.

Non negare il passato, non rimuoverlo, non lenirlo, ma curarlo, in modo da raccoglierne solo le esperienze positive che ci strutturano e che sono fondamentali per costruire la nostra identità, che è il frutto di ciò che siamo e che ogni giorno è il seme per ciò che saremo nel futuro. 
Se non vogliamo un futuro uguale al nostro passato, dovremo agire nel presente per cambiare ciò che siamo, con le ferite che portiamo. Solo così il futuro non rispecchierà il passato doloroso. E quando smetteremo di pensare con dolore al passato, smetteremo di temere il futuro, ma in esso troveremo solo opportunità!

Jennifer Taiocchi


martedì 19 giugno 2012



LA LLAVE DE LA FELICIDAD

Dios habia comenzado a sentirse muy solo. Entonces, para mitigar esa cósmica soledad, creó a unos seres para que le hicieran compañia. Pero estos seres en seguida encontraron la llave de la felicidad y se fundieron con Dios, volviendo éste a estar solo. "Esto no puede seguir así", se dijo el Divino. Decidió entonces crear al hombre, pero para que no volviera a ocurrir lo mismo que con los otros seres, era necesario ocultar en un lugar seguro la llave de la felicidad. ¿Dónde podía guardarla para que el ser humano no la descubriera? Estuvo reflexionando sobre ello mucho tiempo. Pensó en el fondo de los mares, pero se dio cuenta de que un día el hombre viajaría hasta allí y la hallaría. Tal vez, dedujo, podría guardarse en una cueva perdida en el Himalaya, pero tampoco le pareció una buena idea, porque antes o después el hombre escalaría todas las cumbres y encontraría la gruta y subsiguientemente la llave. Cabía otra posibilidad: esconderla en otra galaxia. ¿Qué hacer, pues? Dios seguió reflexionando. Tenía que haber algún sitio donde ocultar la llave de la felicidad y que el hombre no pudiera encontrarla y así no se fundiera con El y se quedase de nuevo solo. ¡Eureka! De repente a Dios se le ocurrió el lugar en que no buscaría la llave de la felicidad. Creó al hombre y colocó la llave dentro de él.

Ramiro Calle
(Cuentos de Oriente)