Guai alla nazione che abbandona la religiosità per la fede, il viottolo di campagna per il viale di città, la saggezza per la logica.
Guai alla nazione che non tesse le vesti che indossa, che non pianta il cibo che mangia, che non spreme il vino che beve.
Guai alla nazione conquistata che vede nello sfoggio del vincitore il colmo della bontà, e ai cui occhi è bellezza la laidezza del conquistatore.
Guai alla nazione che in sogno lotta contro i torti ma nella veglia cede all'ingiustizia.
Guai alla nazione che alza la voce solo ai funerali, che mostra rispetto soltanto al cospetto di una tomba, che aspetta a ribellarsi finchè il suo collo non giace sotto il filo di una spada.
Guai alla nazione la cui politica è l'astuzia, la cui filosofia è il funanbolismo, la cui industria è l'arte di rabberciare.
Guai alla nazione che saluta il conquistatore con pifferi e tamburi, e lo caccia soltanto per accoglierne un altro con canti e fanfare.
Guai alla nazione il cui saggio è muto, il cui eroe è cieco, il cui avvocato è balbuziente.
Guai alla nazione in cui ogni tribù pretende di essere una nazione.
di Kahlil Gibran
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